Negli ultimi anni abbiamo vissuto un cambio radicale nel modo in cui un prodotto (o servizio) nasce, si sviluppa, si relaziona nei confronti dei propri utenti.

Per molti motivi: la popolarità del crowdfunding o di altri strumenti di finanziamento, una consapevolezza maggiore dei benefit di un sistema aperto o parzialmente aperto (open source), una catena produttiva molto più corta, agile e veloce, in grado di passare da idea a prototipo in tempi molto più brevi rispetto al passato, il proliferare di servizi votati a questo e ad una maggiore distribuzione di nodi sempre meno identificabili con la semplice parola “Fablab”, ma più piccole entità produttive, vere e proprie corde tese tra azienda privata e servizio pubblico.

Sono cambiate molte cose, e c’é una fitta letteratura a riguardo. Per chi volesse approfondire passo la palla ad un Simone Cicero d’annata.

Tornando a bomba, spesso mi viene chiesto quand’é che questo tipo di tecnologie si emanciperanno da un approccio da alcuni definito ludico. Quando verranno adottate da grandi marchi, quando diventeranno economicamente rilevanti?

Premetto che non condivido l’approccio – molte delle tecnologie di cui andiamo parlando da anni sono già rilevanti, e hanno contribuito all’empowerment di una nuova generazione di makers che cambierà il mondo (sì sono un dannatissimo sognatore), oltre ad aver influenzato moltissimi ambiti. Ritengo però l’osservazione legittima.

Quand’é che l’open-source hardware e il movimento dei makers comincerà a guardare oltre il terziario avanzato?

Questa é una domanda vera, e pochi l’hanno risposta.

Recentemente si sono in effetti palesati un paio di piccoli segnali che mi hanno indotto a pensare ad un cambio di rotta, ad un segno dei tempi. Ero (e sono) entusiasta.

Controllino ha raggiunto il pledge su kickstarter (al secondo tentativo), Industruino ha aderito all’Arduino@heart con uno dei suoi prodotti.

source: Wikipedia

Siamo molto lontani dall’Industria 4.0, che in quanto tale non predilige strumenti open source, ma semmai sottolinea l’interconnettività e l’Iot in un mondo che – ahimé – é oggi forse uno dei più esposti a mancanze e vulnerabilità di carattere informatico [1]

affidabilità

Recentemente sono stato invitato ad una conferenza che tratta questi temi (21/4, h:14:00) e ho pensato bene di invitare a mia volta uno dei protagonisti della storia: Loic de Buck, di Industruino. Ho passato qualche giorno con lui, e ho avuto il piacere di conoscere una persona dimessa, calma, disponibile al dialogo ed al confronto. Vive nella Shenzen che ho cercato di raccontare qualche anno fa, fa parte di un divertente gruppo di espatriati nella città-fabbrica cinese (22 milioni..) tra cui spiccano i ragazzi di Dangerous Prototypes, americano-olandesi spostatisi lì per motivi produttivi, che hanno fatto della loro permanenza un secondo lavoro da agenti di viaggio. Nel frattempo mi dipinge una schiera di numerossimi inculatori nati successivamente a realtà come Hax (già Hxlr8r) con diversi finanziamenti diretti dal governo cinese, sempre più presente nell’economia della corsa alla startup ed all’innovazione (arma a doppio taglio, secondo lui, sia per l’economia cinese che per tutto l’indotto di paesi limitrofi e occidentali: chi vivrà vedrà)

Ma in che modo questo tipo di strumenti cambieranno le nostre fabbriche? Le stanno già cambiando? I PLC (o Controllori Logico Programmabili) sono computer pensati per l’ambito industriale, per lavorare per lunghissimi periodi, certificati per tutte le peculiari caratteristiche dell’ambiente produttivo. Il principale produttore di PLC é Siemens, ma ci sono un sacco di moduli e espansioni prodotte da diverse altre case. Hanno caratteristiche molto simili e sono spesso programmati in un linguaggio di programmazione visivo chiamato Ladder.

Ethernet Module and INDIO kit view.jpg

Souce: industruino.com

Al contrario, l’industruino Ind.io utilizza il linguaggio Arduino [2] per essere programmato.

DG: Immagino che i tuoi clienti siano tutti tecnici industriali, o proprietari di piccole aziende che vogliono aggiornare o customizzare i processi industriali nelle loro fabbriche. Come pensi siano migrati da Ladder ad Arduino?

LdB: I miei clienti, che per l’80% sono in Europa, sono per lo più utenti entusiasti di schede Genuino e di software Arduino che vedono nel mio prodotto un modo molto economico per intervenire nei processi più basso livello delle loro macchine. Molto spesso gli do una mano per modificare alcuni processi. Altre volte capisco le caratteristiche delle prossime versioni di Industruino sulla base delle loro richieste. E’ più una conversazione che una vera e propria customer care.

DG: Non hai avuto problemi a certificare il tuo prodotto? Se lasci tutta questa libertà ai tuoi utenti non c’é rischio che qualcosa vada storto?

LdB: non necessariamente. Collaboriamo da anni con uno studio di certificazione belga che ci ha fornito tutte le varie analisi dei pericoli, ed ha eseguito i test tradizionali per l’uso del dispositivo in fabbrica. I prodotti sono certificati, l’uso che ne viene fatto é legato al cliente. DG: quanto é grande quello che sta avvenendo? Quali sono secondo te i più grandi scogli per vedere più open hardware nelle fabbriche?

LdB: da quando ho iniziato (2013) abbiamo venduto qualche migliaio di schede: non é tanto ma é un segnale: il maker, l’Arduino enthusiast é cresciuto e sta cercando di portare un nuovo modo di concepire l’automazione industriale sul posto di lavoro. Il problema che vedo non é tanto nel come sono realizzati o programmati questi dispositivi, ma nei protocolli e nei linguaggi, che ancora sono in grande maggioranza proprietari. EtherCat é velocissimo, ma é proprietario: per utilizzarlo devi consorziarti. ModBus é aperto (quindi ha un accesso gratuito) ma é più lento e vecchio. Vedo grandi opportunità nel futuro.

DG: Di cosa é composto Industruino? In che formati é? Raccontaci il prodotto.

LdB: Industruino é al momento in due formati, Proto e IND-I/O. Entrambi vengono venduti in due versioni: una con l’ATmega 32u4 (il chip della Genuino Micro) e l’altra con l’AT90USB1286 (similie al 32u4, ma con più memoria). La proto opera a 5V, mentre la IND-I/O va a 24V. Un piccolo LCD con interfaccia e ed uscite optoisolate sono molto convenienti per l’uso del PLC, che ha il tradizionale DIN rail per attaccarlo in fabbrica, lunghezza 4 unità. Un convertitore Ethernet opzionale permette la comunicazione di rete.

DG: Come vedi il futuro dell’automazione? Cosa sta per succedere?

LdB: Quello che penso é che con l’open hardware (Genuino, ecc..) le barriere alla prototipazione e alla realizzazione di prodotti custom si sono abbassate, se vogliamo, democratizzate. Quello che é successo nel movimento dei maker sta per succedere nel mondo della produzione: piccole realtà locali in grado di produrre macchine custom per incontrare bisogni specifici di una macchina, un processo produttivo, un sogno.

[1] Vi ricordate quel video meraviglioso sul virus che entrava nelle fabbriche e prendeva possesso della base nucleare iraniana? Diciamo che é un monito di quelli da scolpire nella pietra.

[2] il linguaggio Arduino é una sorta di astrazione del C++.

%d bloggers like this: